Oggi la nostra contributor Francesca ci porta a scoprire il lato fashion e creativo di una città d'oltreoceano viva, ricca di stile e fonte di ispirazione per tutto il mondo: Miami. Continuate a leggere con noi, la sua rubrica di Aprile!
Oggi vi porto a fare una passeggiata di glamour.
Miami si è inventata una fashion week che va tutta fuori tempo, che a Marzo ha presentato quello che in italiano chiameremmo “pronto” ovvero prodotto di massa e in lizza per essere venduto immediatamente. Si chiama Funkshion, dura tre giorni e ha ancora tanta strada da fare, un po’ come il ragazzino stonato che per misericordia viene messo a suonare il tamburello nella banda del paese.
La sfilata più organizzata e stimolante di tutte, iniziata puntualmente solo con 10 minuti di ritardo, è stata quella dei laureandi della A.I. Miami International University of Art & Design, diretta da Mrs. Charlene Parsons. C’era inventiva, passione, voglia di stupire, tecnica, ricerca, talento ancora allo stato brado e il sogno di concludere gli studi, magari con una borsa di studio. Nonostante qualche disguido con l’aria condizionata in un giorno cuocente di primavera, sotto i faretti del catwalk e sovraffatti dall’audience, ce l’abbiamo fatta ad arrivare alla fine ed applaudire tutti i premiati.
Il resto delle presentazioni è stato un po’ sfortunato e lasciamola cosi. Alla fine, però, è sempre un piacere condividere le avventure con il tuo squad di fashionable friends.
Su una nota più concreta, ho assistito al panel di discussione patrocinato dal Fashion Group International – South Florida chapter (di cui sono membro) e moderato da una rappresentante del Beacon Council, su come il profilo di Miami stia cambiando. Bisogna partire dal presupposto che è ancora ben lontana dalla mappa internazionale e da quello che abbiamo in Italia tra Milano, Firenze e Roma. L’unica eccezione, lo Swimwear Show, nel paio d’anni in cui era stato preso in gestione dal Mercedes Benz Fashion Week. Lo Swimwear Show ( il nome sembra così appropriato a Miami che andava inventato) è una fashion week di bikini. Un po’ perche’ non manca mai la scusa per venire a Miami, un po’ perche’ i Caraibi e il Centro America sono a un tiro di schioppo, ha sempre attratto la A list di swimwear buyer.
Per ora la moda a Miami è come uno studente con una C+, il “plus” per merito, ci prova, ma altre industrie come la musica e l’arte hanno ancora il sopravvento. Ci sono le infrastrutture, non c’è l’industria del tessuto, ma con qualche viaggio tra New York e l’Italia si compensa, ci sono i designer, ma pare che sia massivamente assente il personale qualificato e tutti se ne lamentano. L’idea di creare un fashion hub ha attaccato come la gramigna a primavera, tanto che quest’anno il Miami Dade College ha lanciato il Miami Fashion Institute, affiancandosi all’ormai rinomato AI Miami International University of Art & Design.
Il panorama della moda è fatto di designer che vivono, disegnano, producono e presentano a Miami come Julian Chang, Rene’ Ruiz, Silvia Tcherassi, Tammy Apostol, Gustavo Cadile solo per nominare l’Olimpo. Loro sono i veterani che vestono il who’s who della società, le ladies who lunch. Dal prossimo anno saranno affiancati da Nahem Khan che sposterà la produzione sul Miami River da New York, dove manterrà lo showroom e la presenza nel calendario delle sfilate.
La Moda degli stilisti e marche di fama internazionale è concentrata in due centri commerciali splendidi e sui generis, unici nel panorama Americano per esposizione, distribuzione e perché siamo a Miami, location: sono all’aperto e si mischiano con flora e fauna locali, palme e gioielli. Il Bal Harbour Shops, nella stessa cittadina di Bal Harbour a una decina di chilometri a nord di Miami Beach e il Palm Courts nel Design District, arricchendo la baia in una zona originariamente dedicata a magazzinaggio e che ora brulica di Prada, Hermes, graffiti e artsy people. Le uniche due roccaforti di multi-brands fuori dai beaten paths, cioè dai percorsi turistici, sono The Webster e Alchemist, entrambi a Miami Beach.
Francesca.